Interview

Intervista a Daniele Finocchiaro

intervista Finocchiaro

Executive Q&A

49 anni, nato a Palermo, laurea alla Bocconi in Economia internazionale, Daniele Finocchiaro ha fatto gran parte del suo percorso professionale in GSK, in posizioni di responsabilità crescente partendo dalla gestione di Relazioni istituzionali e Comunicazione per diventare prima Direttore commerciale della Business unit Vaccini, dedicata a igienisti e pediatri, poi di quella Primary care, dedicata agli altri operatori sanitari. Dal 2012 è Presidente e amministratore delegato di GSK s.p.a. e Country manager del gruppo in Italia, che attualmente conta oltre 5mila dipendenti, 4 stabilimenti e un centro ricerche fra Verona, Parma e Siena.  A queste responsabilità aziendali unisce diversi incarichi associativi: rappresentante eletto del Consiglio Generale di Confindustria, Vice Presidente di Farmindustria, Vice Presidente di Confindustria Verona e componente del Consiglio direttivo della Giunta stessa.

Q.1  Per GSK il 2015 è stato un anno non semplice. La transazione con Novartis: GSK ha acquistato il business Vaccini da GSK (escluso il vaccino influenza), ha creato una nuova j/v con Novartis  nel Consumer Healthcare ed ha ceduto a Novartis il business dell’Oncologia. Pur tenendo conto delle strategie Corporate, per GSK Italy le opportunità/problematiche da affrontare sono state principalmente di complessità di multi-business oppure di integrazione/ristrutturazione manageriale e culturale?

Il 2015 è stato certamente non semplice, ma anche entusiasmante soprattutto per noi in Italia, dove l’accordo ha avuto il maggior impatto, raddoppiando la presenza di GSK nel Paese con oltre 5mila addetti, quattro stabilimenti e un centro ricerche. Come italiani siamo orgogliosi che questo nuovo assetto  veda il nostro Paese sempre più centrale nella ricerca. Non solo con il distretto dei vaccini di Siena all’avanguardia mondiale, ma anche con una eccellenza globale nella collaborazione con Telethon che ha portato alla prima terapia genica in corso di approvazione.

Si è trattato di un accordo complesso nell’architettura che prevedeva una fusione, un’acquisizione e una cessione, ma anche  innovativo. Il primo esempio di un nuovo modello nel campo dell’attività di M&A nel farmaceutico: lo scambio e l’acquisto selettivo di asset per rafforzare le aree di leadership  e la sostenibilità di medio e lungo termine dell’azienda piuttosto che acquisizioni per un generico rafforzamento della quota di mercato e del margine operativo attraverso le sinergie.

Ora che siamo alla fine del percorso possiamo dire di aver affrontato entrambe le complessità con un requisito in più: quello di allineare tutta l’organizzazione, compresa la parte acquirente sul nuovo assetto strategico di gruppo.

Q.2 In caso di M&A o di transactions tanta attenzione è rivolta ad aspetti finanziari, legali ed operativi. Ma non è forse “human side” del cambiamento la chiave reale per massimizzare il valore del deal? Molte fusioni non hanno creato valore per gli azionisti, a causa di strategie mal concepite di integrazione culturale e di  risorse. Quale è la sua esperienza in argomento? Oppure crede che le questioni sul capitale umano siano troppo soft e quindi difficili da gestire? Quale crede sia la chiave di successo per la gestione del capitale umano?

Ho imparato che It’s all about people! Dietro ogni pensiero strategico, ogni rischio, ogni opportunità e ogni risultato ci sono persone che hanno bisogno di passione del proprio ruolo e consapevolezza del  contributo apportato.

Le questioni sul capitale umano diventano ingestibili se trattate separatamente dagli altri aspetti che le possono influenzare, a livello finanziario, legale ed operativo.

Trasparenza, coerenza e continuità di comunicazione sono i tre fattori principali di successo e motivazione ma funzionano solo se supportati da fatti e comportamenti coerenti quindi è molto importante fare in modo che, durante un’integrazione, il management si faccia carico di dare risposte puntuali ai problemi e di ricordare regolarmente gli avanzamenti, sapendo che per le risposte più attese – di solito quelle organizzative – i tempi potrebbero rivelarsi più lunghi del previsto.

In GSK abbiamo l’abitudine d’iniziare ogni anno di lavoro con la condivisione di obiettivi e strategie per consentire a tutti di capire l’importanza del proprio ruolo e contribuire a misurare regolarmente il raggiungimento dei risultati, adottando i necessari correttivi, cogliendo le opportunità e mitigando i rischi che di volta in volta si presentano. Nei confronti dei colleghi provenienti da Novartis abbiamo usato ovviamente lo stesso criterio ma abbiamo anche sviluppato un’appropriata attività di project management per separare in modo corretto le attività ordinarie da quelle straordinarie, evitando blocchi all’organizzazione e soprattutto discontinuità nel servizio che dobbiamo assicurare a Medici e Pazienti.

Q.3 GSK sembra rappresentare un unicum in Italia. Nessuna altra subsidiary di multinazionale vanta un Centro Globale R&D (vaccini Siena), Manufacturing (Pharma Products e Vaccini), Commerciale (Specialties e Primary Care) e Consumer Healthcare. Come viene gestita questa complessità, sia a livello Istituzionale che di comunicazione?

Innegabile che il livello di complessità sia aumentato, ricerca, produzione, attività commerciali, farmaci, Vaccini e prodotti di largo consumo. Le varie Business Unit e le relative entità legali sono tutte forme di organizzazione che non devono riflettersi negativamente sui nostri stakeholder. Per loro noi siamo semplicemente GSK. Spetta a me trovare ogni forma di coordinamento e allineamento per garantire unicità di interlocuzione e coerenza di comunicazione.

Q.4 Le strutture matriciali (da Corporate e Subsidiary) quale complessità conferiscono ad un Country Head? Si sente più coordinatore di Market/ Hub, di Executive Committees,  rappresentante di Legal Entity o di lobbying per conto societario?

In GSK seguiamo un modello di Enterprise. ll Country Head deve guidare l’azienda, comprendere e gestire l’ambiente esterno e sempre più essere l’ambasciatore del paese presso l’headquarter dove si decidono gli investimenti. Una solida performance economica, regole certe e stabili aiutano a difendere le attività, gli insediamenti e a competere con gli altri Country Head per i nuovi progetti di investimento. Talvolta bisogna saper rinunciare ad un vantaggio locale per perseguire un progetto più utile in un altro paese o in un’area più vasta. Ma a prescindere dai modelli e dalle strutture, abbiamo una chiara strategia e ci allineiamo  con piani specifici per raggiungere gli obiettivi. Questo è il nostro compito e sia le strutture Corporate che locali devono necessariamente remare nella stessa direzione.

Q.5 GSK Italy ha sviluppato la  fase di integrazione, con azioni quali: retention key talents; communications; retention key managers;  integration corporate culture?

Al momento della proposta di accordo – quindi con mesi di anticipo rispetto al via libera delle autorità anti-trust – le due aziende hanno congelato d’intesa le organizzazioni suscettibili d’integrarsi ed iniziato una comunicazione di trasparenza, limitata nei contenuti per legge ma utile per non far sentire le persone in balia di un destino incerto e preparale alla conoscenza della nuova azienda se l’accordo stesso si fosse concretizzato.

Dopo – e qui ovviamente posso parlare solo per GSK – abbiamo seguito i nostri valori di Rispetto per le Persone e Trasparenza. Fondamentale la  coerenza e continuità di comunicazione riferendo di ogni progresso dell’opera di integrazione in modo che tutti potessero capire dai fatti perché alcune risposte non fossero ancora disponibili e come si intendeva gestire le attività per le settimane e i mesi a seguire. Inoltre l’attività di coordinamento con le parti di business unit da assorbire è stata svolta anch’essa con la massima trasparenza e facendo leva con ampia delega sulle professionalità esistenti. Questo modo di procedere ha determinato grande fiducia e curiosità nei confronti della nuova azienda ed è il primo dei vantaggi che ci siamo saputi creare in termini di retention e d’integrazione culturale.

Q.6 In particolare, vi sono stati casi di duplicazione di ruoli e quindi di valutazione di chi confermare o fare uscire dall’azienda? Ad esempio, si sa dal mercato che il management Oncology di GSK passato in Novartis non è stato valorizzato nella nuova società. E’ accaduto analogamente per il management  Vaccini passato da Novartis a GSK?

Non so quali siano stati i percorsi e le necessità di persone e azienda lato Novartis né quanto le due situazioni possano essere paragonabili, posso solo dire che da noi in Italia abbiamo avuto nel settore commerciale una conferma totale dei colleghi e pressoché totale dei ruoli con un caso di un collega ex-Novartis chiamato ad un ruolo di primo piano in una consociata estera. Sul versante industriale e della ricerca, come accennato prima, le risorse acquisite sono state subito dichiarate strategiche in seno al Gruppo e si è ripetuta una situazione analoga con vari casi di entrata immediata di nuovi colleghi in posizioni di vertice all’interno di GSK e alcune posizioni di lavoro potenzialmente ridondanti nella nuova struttura combinata ma con una numerosità percentuale bassa e gestibile con il dovuto rispetto per le persone coinvolte.

Q.7 Altra particolarità: culturalmente e storicamente GSK non è nell’asse Roma/Milano ma nelle provincie di Verona e Siena con specifiche tradizioni. E’un punto di forza o di debolezza per attrarre risorse?

Credo che il criterio della collocazione geografica sia tramontato da tempo e se la storia ci dimostra da un lato che nemmeno in passato era necessario stare in una capitale per creare eccellenze oggi le persone e i talenti si muovono con grande facilità, spesso cercano una qualità della vita complessiva che i grandi centri faticano ad offrire e la scelgono insieme al lavoro se trovano trasporti efficienti per restare in collegamento col resto del Paese e del Mondo.  Quando ho iniziato a lavorare nel 1998 per GSK esisteva una “veronocentricità” di fondo ma oggi abbiamo un Direttore Finanziario messicano, un direttore Commerciale Retail  brasiliano e a Siena lavorano persone di 46 nazionalità diverse.

Detto questo resta sempre la sfida di creare un ambiente di lavoro un po’ più liquido dove comunicazione gerarchica e funzionale s’intreccino e fluiscano meglio ripensando gli schemi lavorativi. Ci stiamo provando con la nostra versione dello Smart Working per gli uffici di sede, che abbatte totalmente le barriere fra direttivo aziendale e l’organizzazione. Ma soprattutto permettendo di creare delle famiglie professionali permanenti e mobili dove i profili professionali più diversi, che una volta dovevano lungamente organizzarsi per lavorare insieme, si siedono a fianco, lavorando tutto l’anno o quando necessario su problematiche ed opportunità in tempo reale.

Sulla carta abbiamo realizzato un grande open space o un loft pieno di creatività un po’ rumorosa ma nei fatti, con un buon studio degli spazi e qualche rilettura di abitudini e comportamenti nelle prime settimane di lavoro, il risultato è stato notevole: aumento dell’engagement, della produttività, nessuno più disposto a tornare indietro nemmeno fra i brontoloni e pressione dal resto dell’azienda per passare al più presto nei nuovi spazi. Anche così, credo, si costruisca una solida attrattività per l’azienda.