Il mercato professionale nel farmaceutico italiano è positivo. Non è brillante, ma neanche neutro o negativo. Differentemente a quanto si muove nel Centro/Nord Europa e negli USA, in cui invece si registra un ritmo sostenuto di posizioni ricercate. Tale listino varia dalle aree commerciali (da specialties a generici a biosimilari), al development clinico fino agli affari regolatori, dal manifatturiero (in particolare per CMO e API) alle posizioni apicali. Ma ovviamente il mercato professionale è conseguenza dell’evoluzione del business, che sconta il processo di consolidamento dell’industria farmaceutica. Ad esempio, 8 big pharma attuali (Pfizer, Sanofi, BMS, GSK, Merck, AstraZeneca, Novartis, Eli Lilly) hanno consolidato o acquisito circa 60 aziende presenti negli anni novanta.
Sulla base dei nostri dati, abbiamo effettuato una survey per cui le posizioni che rischiano di più sono quelle a valori retributivi alti di chi lavora in azienda da più di due decadi. La fuoriuscita dalle aziende di manager ed executives di oltre cinquant’anni è un fenomeno reale e consistente. In verità è un fenomeno presente anche in altri settori in ristrutturazione. Quando un’azienda evolve in aree di prodotti, si fonde o adotta strategie di outsourcing, un elemento chiave è quello di abbassare i propri costi anche rimpiazzando le posizioni senior con quelle più junior ma a minor costo.
Chiunque lavori nel farmaceutico sta sperimentando una forte evoluzione. Molto si è scritto e si sta dibattendo sulla trasformazione del business e delle aziende. Non si parla invece abbastanza di come questa evoluzione impatti su carriere e vite lavorative. Non solo. Vi è scarsità di informazioni sul come, per chi lavora in questo tipo di industria, deve prepararsi in un contesto nuovo in cui si verrà a trovare. Non è semplice delineare una roadmap per managers e professionals che faccia comprendere i macro-cambiamenti di business per orientare carriere ed opportunità professionali. Oppure come pianificare i passaggi di carriera da intraprendere oggi per capitalizzare su cambiamenti in arrivo.
Tra gli anni ’80 ed oggi sono divenuti obsoleti diversi business models nell’industria farmaceutica. Conseguentemente, da un periodo di notevoli opportunità professionali si è passati ad una loro selezione molto competitiva. Ma anche alla rottamazione di un’intera generazione di middle-managers, managers ed executives. Una delle più ovvie considerazioni riguarda la necessità di pensare di non lavorare per un’azienda per lungo tempo, ma per un’industria all’interno della quale cambiare impresa o lavoro. E dunque l’attitudine da rendere permanente è quella del cambiamento. Basta considerare quanto provocato da operazioni di M&A, da ristrutturazioni, da outsourcing, da riduzioni di personale. E’ pure ovvio che, se le industrie farmaceutiche mutano i loro business models, conseguentemente hanno necessità di cambiare le tipologie di risorse da inserire (da cercare o incentivare). Ed anche di creare percorsi nuovi di carriera per le posizioni più significative dell’organizzazione.
Accanto alle criticità, in effetti questo è un settore che crea una miriade di nuove opportunità per gente talentuosa. Chi lavora nel farmaceutico deve capire che non solo deve gestire la propria carriera, ma anche la propria professionalità verso il mondo esterno e verso le opportunità di carriere esterne. Significa che, a fronte delle possibili decisioni aziendali, la ricchezza della propria professionalità va salvaguardata in anticipo, pensando al mercato esterno. Cercare cioè di rendersi indipendenti dall’azienda attuale, pur essendo leali.
Ed è qui che la pianificazione di una carriera di successo richiede strategie di “personal branding”, ovvero di marketing personale. Quindi non solo far conoscere nell’ambito della propria azienda quelle che sono qualificazioni personali, ma anche essere attivi nella business community, presenti con le società di headhunting, partecipando in organizzazioni professionali e sviluppando quelle attività che producono visibilità.