Coronavirus e “fake news”: disinformazione e sfiducia nel futuro vaccino

photo by United Nations COVID-19 Response

 

Già qualche mese fa, sui giornali si riportava di un’infodemia parallela alla pandemia, caratterizzata da disinformazione, fake news, teorie del complotto sul Covid-19 in almeno 25 lingue e in 87 paesi. Sono state almeno tre da gennaio ad aprile le ondate infodemiche a colpi di affermazioni false o non verificate, frasi discriminatorie e complottismo. Ad Agosto, La Repubblica riportava che circa 800 decessi sono stati collegati a disinformazione, nonché 5.876 ricoveri e infortuni gravi (diverse  persone hanno perso la vista dopo aver bevuto metanolo come cura per il coronavirus), come emerso da uno studio internazionale coordinato da esperti presso la University of New South Wales in Australia e pubblicato sull’American Journal of Tropical Medicine and Hygiene.

La ricerca aveva analizzato documenti contenenti rumors, stigma e teorie cospirative postati sui social in 25 lingue diverse e 87 paesi. Per quanto riguarda i paesi dove questi documenti hanno circolato, l’Italia si poneva in posizione intermedia, mentre i paesi più ‘inquinati’ da fake, rumours e teorie cospirative risultavano India, Usa, Cina, Spagna, Indonesia e Brasile.

Tra gli esempi di rumor c’erano affermazioni come “le uova di pollo sono contaminate con coronavirus” e “bere candeggina potrebbe uccidere il virus”; frasi discriminatorie (stigma) riguardavano invece affermazioni come ‘ogni malattia viene dalla Cina’ mentre tra le affermazioni complottiste figuravano frasi come “dietro al virus c’è la Bill & Melinda Gates foundation con l’intento di aumentare le vendite di vaccini”. Tra i rumor, il mito secondo cui a alte concentrazioni l’alcol uccide il virus, idee che hanno circolato quasi ovunque.

Oggi, dopo qualche mese, la situazione è cambiata? Secondo un articolo pubblicato da Ansa, alcune delle fake news che sono emerse sul Covid-19 sono considerate credibili da una fetta consistente della popolazione, e dove la percentuale che crede alle ‘bufale’ cresce, sale anche quella di chi è scettico nei confronti dei vaccini. Lo afferma uno studio condotto in cinque paesi, Gran Bretagna, Usa, Irlanda, Spagna e Messico, pubblicato dalla rivista Royal Society Open Science.

I ricercatori dell’università di Cambridge hanno recentemente raccolto dati su survey già esistenti nei diversi paesi e condotto delle interviste a campioni selezionati chiedendo il giudizio su diverse ‘fake’ sul Covid. Quella che ha preso più piede sembra essere la notizia che il virus sia sfuggito da un laboratorio di Wuhan, ritenuta credibile dal 22% degli intervistati in Usa e Gran Bretagna ma dal 37% in Spagna. A seguire c’è la notizia che la pandemia sia una cospirazione per aumentare le vaccinazioni nel mondo, creduta dal 22% dei messicani, dal 18% di irlandesi, statunitensi e spagnoli e dal 13% dei britannici. Il legame con il 5G del virus è credibile invece per percentuali che vanno dall’8% in Usa e Gran Bretagna al 16% in spagna e Messico.

In generale, scrivono gli autori dello studio, è interessante notare come all’aumentare dell’età diminuisca la sensibilità alle ‘fake’, ad eccezione del Messico, dove il trend sembra andare in direzione opposta. “Alcune affermazioni cospirazioniste sono viste come credibili da porzioni consistenti del pubblico – afferma Sander van der Linden, coautore dello studio – Abbiamo trovato anche un chiaro legame tra il credere a queste teorie e l’esitazione su qualsiasi futuro vaccino“.

 

fonti: Ansa.it, Repubblica.it