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Gli anticorpi hanno un ruolo fondamentale al fine di combattere Covid-19. Isolare i più efficaci, con produzione su larga scala, potrebbe rappresentare una delle soluzioni nel contrasto a Sars-Cov-2, sia per il trattamento dei casi più gravi, sia come profilassi nelle persone a rischio. Tutto questo in attesa del vaccino.
Tra gli argomenti più dibattuti negli scorsi mesi riguardo una possibile cura per le infezioni da coronavirus, quello del plasma iperimmune è stato al centro di molte attenzioni. Il principio su cui si fonda questa terapia è il seguente: nel sangue delle persone guarite sono presenti anticorpi utili a combattere il virus. Prelevati (sotto forma di plasma) e iniettati in un malato potrebbero aiutare quest’ultimo a superare Covid-19. Un approccio non privo di effetti collaterali e difficoltà tecniche per ottenerlo (posto che sia efficace, per un plasma iperimmune occorrono i malati e solo il 30% dei donatori è idoneo). (fonte: Fondazione Veronesi)
Tali limiti hanno spinto la ricerca a trovare altre strade, come quella degli anticorpi monoclonali. Il principio è lo stesso del plasma iperimmune. C’è un però: in questo caso si andrebbero a copiare e produrre su larga scala solo gli anticorpi necessari e in quantità elevate. Anticorpi che possono essere riprodotti in laboratorio in quantità illimitata e per un numero infinito di volte in modo tale da avere un concentrato delle migliori armi per colpire il virus. Niente problemi di approvvigionamento dunque. L’unico problema è rappresentato in questo caso dalla loro durata d’azione, non più lunga di 6 mesi. Motivo per il quale la strada per la ricerca di un vaccino è in ogni caso fondamentale.
Le sperimentazioni in atto
A questo approccio degli anticorpi monoclonali stanno lavorando numerosi gruppi di ricerca in collaborazione con le principali aziende farmaceutiche mondiali. Ad oggi i casi più avanzati sono quelli di REGN10933 e REGN10987 (sviluppati da Regeneron) e LY-CoV555 (Eli Lilly). I risultati delle sperimentazioni, secondo le informazioni relative ai clinical trials, dovrebbero arrivare in autunno. Precedenti studi, effettuati nelle scimmie, hanno dimostrato che l’utilizzo degli anticorpi in scimmie infettate con Sars-Cov-2 accelerava l’eliminazione del virus. In italia, si sta lavorando similarmente nel laboratorio vAMRes (vaccines as a remedy against Anti-Microbial Resistance) guidato da Rino Rappuoli presso la Fondazione Toscana Life Sciences con l’Ospedale Spallanzani e il Policlinico Le Scotte di Siena. Dei 5mila anticorpi prevelati dal plasma di chi aveva contratto il virus, il gruppo di scienziati italiani ha selezionato 3 possibili candidati (tra i più efficaci) ad essere sperimentati e prodotti si scala industriale.
L’iniezione di questi anticorpi potrà servire come profilassi al personale sanitario in prima linea a combattere il virus. Inoltre, qualora si dimostrassero efficaci efficaci, gli anticorpi monoclonali affiancheranno gli antivirali già oggi disponibili nel trattamento di Covid-19.