E-health in Europa: Italia al primo posto per utilizzo di tecnologie digitali

photo by Arek Socha

Secondo l’analisi internazionale “Future Health Index 2019” effettuata da Philips, il nostro Paese è ai veritici in Europa – e tra i primi al mondo – per l’utilizzo delle tecnologie digitali da parte dei professionisti sanitari. L’88% di questi ultimi dichiara di aver utilizzato digital health technology o app nel proprio ospedale o studio, contro una media del 78%. Ma siamo tuttavia ancora in ritardo per quanto concerne condivisione dei dati, cartella clinica elettronica (Cce) e telemedicina.

Lo studio di Philips è stato condotto su 15 paesi nel mondo, con lo scopo di accelerare il rapido passaggio a modelli sanitari sempre più sostenibili, basati sul valore e supportati dalle tecnologie connesse.
L’indagine, ormai alla quarta edizione, si concentra sul ruolo che la digital health technology ha nel miglioramento dell’esperienza di cura sia da parte dei pazienti che da parte dei professionisti del settore sanitario.
I pazienti italiani si mostrano in generale desiderosi di avere accesso ai propri dati sanitari. Il 76% di chi non ha o non sa di disporre dell’accesso alla Cce sostiene di volerlo. Ed è pronto a condividere i propri dati. Chi lo fa già, risulta più proattivo e coinvolto nella gestione della propria salute.

“Professionisti sanitari attivi e tecnologicamente preparati riconoscono i vantaggi della sanità digitale per se stessi e per i pazienti, mentre pazienti informati e responsabilizzati prestano maggiore attenzione alla cura della propria salute, con ricadute positive anche sui costi per il sistema sanitario nazionale”, ha dichiarato in una comunicato Simona Comandè, General Manager Philips Italia, Israele e Grecia. “La relazione medico-paziente è arrivata un nuovo decisivo punto di evoluzione: la condivisione dei dati. La Cce è una cartina al tornasole: c’è ancora da fare in questo campo”.

Se da un lato, infatti, la digital health technology è molto utilizzata dai professionisti sanitari italiani, c’è ancora terreno da recuperare sul versante della cartella clinica elettronica (Cce), utilizzata solo dal 57% dei professionisti (media Fhi del 76%).
Ciò che ne frena la diffusione è la percezione – da parte di alcuni operatori – di conseguenze negative sul proprio carico di lavoro e sul tempo dedicato ai pazienti. Nonostante ciò, l’indagine rivela che i professionisti che utilizzano già le Cce ne riconoscono l’impatto positivo sulla propria soddisfazione professionale (73%), sulla qualità dei servizi erogati (73%) e sui risultati clinici (63%).
In tema telemedicina, quattro professionisti della salute su 10 sostengono di non averla mai usata. Anche se questo strumento potrebbe essere di grande utilità nel risolvere uno dei problemi più sentiti dai pazienti italiani, ovvero quello dei tempi di attesa per le visite, ritenuti eccessivamente lunghi da otto intervistati su 10. I progressi dovranno essere necessari anche per la condivisione dei dati tra pazienti e professionisti sanitari: ad oggi, solo un paziente su cinque condivide i dati rilevati.

Secondo lo studio, i pazienti vogliono avere un maggiore controllo e disporre di informazioni su tutti gli aspetti della loro vita, come dimostra il fatto che il 76% che non ha o non sa di disporre dell’accesso alla propria cartella clinica elettronica dichiara di volerlo. Come già accennato, il 91% degli italiani che hanno accesso ai propri dati è disposto a garantirlo anche al professionista sanitario e il 43% degli stessi si definisce proattivo, contro il 28% tra quanti non hanno accesso.
Gli italiani, infine, lamentano un sistema sanitario poco efficiente in termini di tempi (72%), di costi (66%), e di accesso (58%). Anche i pazienti, così come i professionisti della sanità, vedono nella difficoltà di condivisione dei dati il principale ostacolo all’adozione della digital health technology, problema a cui si sommano le preoccupazioni sulla sicurezza dei dati sanitari. Circa un terzo degli italiani che non utilizzano attualmnete tecnologie sanitarie digitali o app dichiara che con buona probabilità ne farebbe uso, se non fossero presenti tali problemi.