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I filantropi nella R&S
Quando si parla di R&S, ognuno tende a tirarla dalla propria parte per affermare o il suo valore o i suoi costi o la sua scarsità in termini di risorse. Nel settore farmaceutico è sotto accusa. Non in quanto a contenuti. Anzi la sua centralità come originatore del business ne determina al contrario una critica analisi sulla scarsità di risultati che ha fornito dagli anni ottanta e novanta. Da cui nascono le attuali difficoltà, tenuto conto che sulla produttività di R&S ne è derivato in passato il modello di impresa con forti investimenti sulle aree commerciali.
Le opzioni strategiche sono sul tavolo delle aziende rapportandole alle loro dimensioni o posizionamenti. Dal networking alle alleanze, alle acquisizioni al controllo. Specie da parte delle grandi che tendono alla biofarmaceutica nelle specialties ed ad inglobare aziende biotech.
Sul perché della scarsa produttività, si analizzano anche tecnologie e processi, impostazioni organizzative. Si dichiara che è necessario dare accelerazione virtualizzando parte della ricerca che adesso si fa nei propri laboratori, trasformando il modo con cui si pianifica e gestisce la ricerca e sviluppo, con un forte grado di attenzione al mercato.
[member] Ne consegue il tentativo di rivoluzionare o trasformare il modo di fare ricerca e di organizzarla. Questo da parte dell’industria, mentre la ricerca accademica ha un differente passo poiché finalizzata all’ampliamento delle conoscenze e non al mercato.
Se ci si vuole inserire nel mondo R&S è necessario effettuare una distinzione tra ricerca di base universitaria pubblica e ricerca e sviluppo dell’industria privata, con tutte le nuove formule imprenditoriali, scientifiche, tecnologiche ed organizzative che si stanno sviluppando.
Negli ultimi anni sono comparsi nuovi attori. In particolare nel modo di finanziare e strutturare R&S. Oltre alle forme di “Technology Transfer” tra Accademia e Industria, ai modelli di “Translational Research” che uniscono la ricerca di base e quella clinica, è apparsa la relativamente nuova forma organizzativa della “venture philantropy”. I filantropi, appunto, che con forza sembrano superare i timori dell’industria nel percorrere strade e modelli innovativi di R&S oppure quel volano di innovazione che è la ricerca biomedica per le malattie rare e che tendono ai cosiddetti “orphan drugs”.
Quando parliamo di filantropi non indichiamo Fondazioni quali Telethon in Italia sulla ricerca genetica e le malattie ereditarie, ma, ad esempio, “Bill & Melinda Gates Foundation”, che in passato ha stanziato alcuni miliardi di dollari seguendo il motto “Discover, develop and deliver”, collegando ricerca, sviluppo e somministrazione in loco di farmaci low-cost contro la malaria, Tbc, polio, meningite ed altri grandi killer. E ancora in passato Warren Buffet o la Gates Foundation, per citare un paio di nomi.
Era interessante il metodo e l’organizzazione per la linea di finanziamento “Grand challenges exploration”, mirata esclusivamente alla ricerca di frontiera. Cercano di attrarre la ricerca più audace e controcorrente. I progetti non vengono giudicati con il tradizionale sistema di “peer-review”, ma con ipotesi scientificamente dimostrabili e valutate da un comitato di saggi di cui fanno parte quattro premi Nobel, non specialisti nel campo. Se finanziato e dimostrato con successo, il progetto può accedere ad un secondo finanziamento per portare avanti la ricerca e lo sviluppo, anche con altro partner .
Per quanto riguarda la ricerca sulle malattie rare, si continuano a muovere istituzioni, fondazioni ed aziende. Anche qui la maniera di fare R&S è interessante ed oltre i modelli usuali. Vi è lo slogan “from bench to bedside” (dal bancone del laboratorio al letto del paziente) nonché il termine “translational research”. Infatti si può partire non dal laboratorio ma dall’individuo con il difetto genetico, su cui effettuare i test diagnostici. Al secondo gradino si accertano i meccanismi fisiologici e patologici della malattia, per poi passare ad essere testata a modelli cellulari in vitro ed a modelli animali e quindi alla fase clinica .
Modelli organizzativi
Comunque sia, uno dei maggiori sforzi delle grandi farmaceutiche internazionali, in questa fase di transizione, è indirizzato verso la ricostruzione di modelli efficienti nella R&S.
Se si tiene conto che l’industria farmaceutica negli ultimi quaranta anni ha creato sempre valore e risultati finanziari, mentre l’attuale performance di profittabilità è passata da due cifre ad una e, per le big pharma, con abbattimento del valore delle azioni, è ovvio come l’attenzione sia rivolta, come fattore centrale, alla produttività di R&S.
Questa si combina a quello che può essere definito “perfect storm of trends” e cioè a quella serie di fattori che stanno mettendo in angolo o sulla difensiva le imprese farmaceutiche, dalla pressione sui prezzi alle normative regolatorie, dal groviglio legale, ai generici ed appunto dalla scarsa produttività di R&S .
I modelli biotecnologici appaiono vincenti ed hanno creato discontinuità, sia come contenuti di R&S sia come modelli organizzativi e tipologie di cluster, rispetto alle tradizionali strutture R&S farmaceutiche. In questo assetto competitivo anche sul modo di fare ricerca, le aziende sembrano abbandonare le precedenti monolitiche e verticalmente integrate strutture di R&S per puntare verso piccoli ed agili gruppi di ricerca per famiglia di cura o di malattia che attraversano varie funzioni e discipline. Ma ciò che appare importante è la continua tensione verso i talenti, verso la qualità dei ricercatori e la loro motivazione. Ed ancora di più la leadership di chi conduce il team project.
Proprio per le accennate criticità derivanti dagli scarsi outputs di R&S, le organizzazioni tendono a basarsi su maggiore agilità, fuori da verticalizzazioni piramidali burocratizzate, con alleanze, con outsourcing, con forme virtuali. Ma fondamentalmente focalizzandosi sulla specifica area terapeutica, o sul centro di eccellenza o su specifica “disease” per conferire al Core Team la responsabilità di far funzionare in modo integrato i vari gruppi di Discovery, di Clinical Research, di Clinical Development, di Marketing. All’interno di questo modello, la ricerca di base e quella dello sviluppo clinico, ad esempio, lavorano con struttura a matrice tra Area Terapeutica e le attività di sviluppo preclinico o di farmacologia o di Regulatory Affairs o di Safaty Assessement. Si tende cioè a modelli organizzativi piatti, focalizzati, semplici, con lo sviluppo delle competenze e dei livelli di leadership sia locali che globali.
Il processo si compone di due fasi principali: il Drug Discovery, volto a scoprire una nuova molecola, ed il Development (Sviluppo) volto a verificare l’efficacia di tale scoperta.
Il Drug Discovery usualmente include le attività precliniche fino all’identificazione di una nuova molecola che possieda un livello desiderabile di attività biologica e fino alla decisione di iniziare ulteriori studi su animali al fine di assicurare il profilo di sicurezza del compound.
I test di sicurezza sugli animali includono studi tossicologici e farmacologici. La quantità di studi farmacologici, chimici (inclusi i test di stabilità) e formulativi condotti durante la fase di Discovery è altamente variabile e dipende dalle necessità di ricerca per determinare quale sia il “lead compound” tra quelli presi in considerazione. Non è sempre possibile determinare il momento preciso nel quale termina la fase di Discovery ed inizia la fase di Sviluppo (Drug Development). In generale, la fase di Development inizia quando le attività passano dalla ricerca di un agente con il profilo biologico desiderato alla valutazione focalizzata su una specifica molecola. L’attività di Discovery può peraltro avvenire anche nell’ambito dello sviluppo clinico allorché venga identificata una nuova indicazione terapeutica.
Lo sviluppo clinico (Drug Development) include la valutazione clinica delle molecole candidate su esseri umani. E’ convenzionalmente suddiviso in quattro categorie progressive o fasi indicanti il livello di sviluppo della molecola. I confini tra una fase e la successiva non sono nettamente segnati, e ci sono generalmente delle sovrapposizioni tra il completamento di una fase e l’inizio della successiva.
I test clinici (Clinical Trial) sono distinti in quattro categorie:
Fase I – Farmacologia Clinica e Tossicologia. Valutazione della sicurezza in volontari umani, attraverso l’utilizzo di paradigmi di dosaggio. Metabolismo e biodisponibilità del farmaco sono altresì studiati in questa fase. La Fase I è generalmente considerata chiusa dopo che i principali effetti collaterali sono stati studiati sui volontari, e sia stata stimata la dose massima tollerabile. Dai 20 ai 100 soggetti e pazienti sono necessari per queste determinazioni.
Fase II – Inizio delle investigazioni cliniche sull’efficacia terapeutica. I test precoci generalmente consistono in studi su pazienti con dosi singole o multiple.
Sono valutate l’efficacia e la sicurezza del farmaco. In seguito, i test di fase II sono solitamente basati su placebo o principi attivi controllati e predisposti in modo da ottenere convincenti prove dell’efficacia. Obiettivi critici di questi studi sono le definizioni di una gamma di dosaggio terapeutico e di un appropriato regime di dosaggio da utilizzarsi in futuro sui trials su larga scala.
Fase III – Valutazione a 360 gradi del farmaco. I farmaci candidati che entrano nella fase III sono normalmente stati somministrati a diverse centinaia di pazienti e soggetti sani. Dimostrazioni preliminari dell’efficacia, un profilo dei più comuni effetti collaterali e la gamma di dosaggio terapeutico dovrebbero essere stati tentativamente fissati. I trial sono normalmente controllati; studi multicentrici coinvolgenti un numero di pazienti da diverse centinaia ad oltre un migliaio, sono disegnati per stabilire l’efficacia del farmaco e per definire il profilo di reazioni avverse il più precisamente possibile. Il programma dovrebbe essere disegnato in modo da produrre sufficienti dati sull’efficacia e la sicurezza da consentire la registrazione del farmaco.
Fase IV – Vigilanza post-marketing per rilevare effetti collaterali rari o non comuni. Per ottenere questo obiettivo, viene intrapresa una vigilanza di lungo termine sotto forma di raccolta di dati in maniera controllata o più frequentemente empirica (i.e. monitoraggio dell’esperienza clinica).
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Questi studi clinici possono portare via dai sei ai dieci anni a seconda dell’area terapeutica e del contesto societario. Per esempio il periodo medio richiesto dal Discovery all’approvazione negli USA per un farmaco anti-neoplastico prima degli anni Sessanta andava dai 2.8 ai 4.5 anni. A causa dell’approvazione di norme sui farmaci sempre più restrittive e sempre più numerose (al fine di garantire la sicurezza, l’efficacia e l’affidabilità dei farmaci), la durata media dello sviluppo clinico è aumentata da 6.5 a 13.9 anni (negli anni Settanta) ai 14.8 – 16 anni (negli anni Ottanta-Novanta). Come si può evincere dalla suddetta descrizione, le attività di Ricerca e Sviluppo hanno una natura intrinsecamente differente. Infatti, sebbene la Ricerca e Sviluppo globalmente sia volta alla scoperta e allo sviluppo di farmaci candidati promettenti, è sempre più frequentemente riconosciuto che gli obiettivi e le caratteristiche del Discovery differiscono in modo abbastanza significativo da quelle dello Sviluppo.
La “massa critica” in se ha un differente significato nella Ricerca e nello Sviluppo, mentre la massa critica nella Ricerca (Drug Discovery) potrebbe essere misurata come “intelligenza del ricercatore” coinvolto nell’attività della ricerca, lo Sviluppo è fortemente dipendente dal numero di persone che compongono il team di sviluppo e da quanto il team di progetto sia focalizzato e strutturato. Nello Sviluppo un forte incremento di personale e di fondi avrebbe un significativo impatto sulla velocità con la quale il progetto procederebbe. Al contrario, destinare risorse addizionai alla Ricerca non aumenterebbe la percentuale di nuove idee né velocizzerebbe la scoperta di un nuovo meccanismo di azione.
I costi di investimento sono molto più alti in sviluppo (in media, i costi di R&S per la Ricerca sono 1/4 – 1/5 dei costi per la fase di Sviluppo). I tempi di attività possono essere previsti con ragionevole affidabilità nello sviluppo, mentre sono completamente imprevedibili nella ricerca.
Il grado con cui un’attività può essere formalizzata/regolamentata nello sviluppo è molto alto, mentre è molto basso nella ricerca.
(Fonte: Chiesa V., R&D Strategy and Organization – Managing Technical Change in Dynamic Contexts, Imperial College Press, London, 2001)
Premesso che non rientra in questo testo la valutazione delle strutture di ricerca pubblica o universitaria, le organizzazioni di R&S di imprese private vanno considerate in base alle dimensioni dell’azienda di appartenenza, alla presenza multinazionale, regionale o locale, alla specificità di impresa (biotech, biofarmaceutica, farmaceutica), al sistema di networking ed all’utilizzo dell’outsourcing. Possiamo passare infatti da organizzazioni di R&S delle grandi imprese a quelle virtuali per progetti di nicchia.
Comunque l’organizzazione R&S della grande azienda farmaceutica oggi è in un periodo di transizione, poiché deve cambiare pelle. Il criterio generale è quello di organizzazione a matrice tra area terapeutica o tipologia di cura (Disease) e le aree funzionali di ricerca, di sviluppo preclinico, di farmacologia clinica, di regulatory e product safety è di ricerche cliniche. Poiché l’unità organizzativa di base di Ricerca e Sviluppo è comunque il “Project Team”. Questo è normalmente trasversale alle varie funzioni e strutture interessate e comporta un equilibrio delicato tra collaborazione e responsabilità di progetto, fornendo efficienza gestionale e motivazione delle risorse. E’ evidente che il fattore strategico è costituito dal contesto matriciale che deve facilitare le decisioni e l’allocazione delle risorse tra più organismi con proprie specifiche responsabilità.
E’ l’azienda, la sua cultura organizzativa, la sua strategia globale che decidono l’allocazione delle risorse, ma naturalmente vi sono approcci differenti tra le varie imprese. Se guardiamo le “Big Pharma”, per esempio, alcune hanno formato i Centres of Excellence for Drug Discovery, usando l’approccio di base di un’area terapeutica (TA) al fine di permettere la competizione per ottenere risorse tra differenti aree terapeutiche nella prima fase di sviluppo. Altre operano con “Disease Area Business Units” come framework per il flusso di investimenti in una specifica area terapeutica. Altre ancora usano invece dei forti “Product Team” per indirizzare lo sviluppo dei compounds. Alcune stanno passando da un modello basato sui siti per la ricerca e sulle funzioni per lo sviluppo a quello centrato sulle aree terapeutiche con le funzioni di supporto centralizzate.
Il tema dominante di tutte queste strutture organizzative è la decentralizzazione delle decisioni, la creazione di forti motivazioni ed incentivi per le responsabilità di progetto. Ma in particolare il problema è come ovviare alla burocrazia delle grandi organizzazioni, come integrare Ricerca e Sviluppo e Marketing & Sales e la coerenza strategica appunto tra R&S e commerciale.
Le aziende di media grandezza, internazionali o domestiche, approcciano l’organizzazione di ricerca e sviluppo normalmente ponendo al centro sempre i Project Team, ma in un sistema integrato sia strategicamente sia come strutture, governato in maniera unitaria, con un esteso utilizzo dell’outsourcing. La differenza può verificarsi nell’integrazione con il commerciale che viene espletata non dal Marketing & Sales, ma direttamente dal vertice per l’allocazione delle risorse e per le decisioni.
Anche la differenziazione tra ricerca biotecnologica e farmaceutica consiste più nei processi che nel management e nei tipi di organizzazione.
Ciò che emerge come punto critico, dati i costi della ricerca, è la capacità decisionale sull’allocazione delle risorse nei vari stati di avanzamento del processo. Ed organizzativamente ciò ha prodotto Project Team in cui sin dalle fasi iniziali partecipano sia il management di Ricerca e Sviluppo che quello di marketing, di prodotto, di outcome search, di affari regolatori, di pianificazione strategica. Infatti è la visione di mercato, di competizione, di proprietà intellettuale, di contesto regolatorio, di marketing & sales, di outcome research che guida la decisione di investimento, anche indipendentemente dalla competenza scientifica. [/member]