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Carriere. Capitolo III – Inserirsi nel mondo produttivo farmaceutico

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Per un laureato in chimica oppure ingegneria chimica quale può essere il modello di inserimento nel manifatturiero farmaceutico o biofarmaceutico? Lo stesso dicasi per un laureato in chimica e tecnologie farmaceutiche, oppure in farmacia, in scienze biologiche. Per chi è in possesso di un differente titolo di studio, quale ingegneria meccanica, ingegneria biotecnologica, ingegneria informatica, quale possibilità di inserimento vi sono in uno stabilimento farmaceutico?
[member] Anzitutto una annotazione di sviluppo professionale: carriera nel settore tecnico-produttivo è graduale, con competenze acquisite senza salti di ruolo, più lenta rispetto ad altre aree quali il marketing. Per sua natura il settore produttivo farmaceutico non ammette passaggi senza competenze acquisite e ruoli precedenti ricoperti, anche se ci troviamo dinanzi a potenziali manageriali. E’ normalmente più facile avere accelerazioni di carriera nel commerciale e soddisfazioni economiche maggiori rispetto al manifatturiero. Pensiamo alla differenza di trattamento tra un Marketing Manager ed un Capo Reparto Sterili di trentacinque anni nella produzione. Per questo aspetto il manifatturiero si accumuna con la ricerca e sviluppo.
Cioè, tendenzialmente, più le competenze sono scientifiche e tecnologiche, minore è la velocità di carriera, proprio per il contenuto delle conoscenze e per la complessità dell’assetto organizzativo. E non è che questa differenziazione nella prima fase di carriera rappresenti un problema, anzi la competenza e l’acquisizione di esperienze tecniche costituiscono una reale soddisfazione.
Per rispondere comunque alla considerazione iniziale, fatto salva la questione se vi sia domanda di laureati nell’area produttiva del farmaceutico, bisogna distinguere anzitutto i macrosettori. Vale a dire, in senso generale: Materie Prime e Principi Attivi Farmaceutici; Prodotto Finito; Indotto; Distribuzione.
All’interno di questa suddivisione si muovono innumerevoli categorie sia di strutturazione del business e delle tipologie produttive sia di contenuti professionali e funzionali. Come sappiamo il manifatturiero farmaceutico può costituire business a sé stante strutturato attraverso principi attivi; medicinali per uso umano e per uso veterinario; OTC; generici; vaccini; biologici.
A livello organizzativo abbiamo le varie suddivisioni: reparti produttivi; ingegneria; impiantistica; informatica; qualità; supply chain. Del tutto differente appare invece l’aspetto manageriale che attiene alla visione strategica ed alla conduzione operativa del business manifatturiero in cui a volte si inseriscono anche ruoli di business development, licensing, commerciali, in un contesto che è divenuto globale ed a forte competizione, specie rispetto a mercati con minori costi ed a maggiore attrattività di investimenti e di dislocazione produttiva.
Abbiamo precedentemente rilevato come il cambiamento dei modelli di business, provocati da fattori di mercato e di prodotto, stia impattando sulle organizzazioni e sull’assetto strutturale dell’industria farmaceutica anche nel nostro Paese. Una delle più evidenti conseguenze riguarda la rottura dei modelli operativi, poiché le aziende non possono più permettersi una integrazione verticale delle strutture e dei costi, con le quali ha costruito in passato l’intera catena del valore.
Certamente il tutto dipende dalle “core competencies” strategicamente decise da ciascuna azienda. Se ci si vuole concentrare in R&S, oppure ne Marketing & Sales, se nel manifatturiero. In questo senso il fenomeno dell’outsourcing viene portato avanti con forza. E dobbiamo dire che afferisce in modo particolare al manifatturiero. Alcune imprese si stanno trasformando da azienda verticalmente integrata in una struttura a rete (“network structure”) con fornitori esterni sia di prodotto che di servizi. Altre stanno procedendo ad una parziale o integrale esternalizzazione delle proprie attività produttive. Altre ancora forniscono servizi ad altre industrie in particolare nel settore biofarmaceutico o in quello dell’engineering.
Questo modello operativo è vivace anche nel nostro Paese e sta trasformando il nostro tradizionale sistema manifatturiero. Il quale è a stragrande maggioranza basato su produzione da sintesi chimica, con scarsità di impianti per produzione biotecnologica.

Per quanto riguarda i principi attivi, questi possono essere ottenuti da sintesi chimica, da estrazione di piante, da estratti erbali, da animali, etc, mentre il bulk biologico richiede un differente processo di fermentazione e cultura cellulare così come l’isolamento e la purificazione. Peraltro la sinergia tra biotech e farmaceutico sta mettendo il focus sul cosiddetto “biomanufacturing”, che sta avendo problemi di carenza di capacità produttiva.
Le maggior aziende, specie di livello internazionale, stanno investendo per ottenere adeguate capacità produttive sui biologici e biotecnologici. Non in Italia, dove la stragrande maggioranza degli stabilimenti è dedicata sia alla produzione di bulk e prodotto finito, su base di sintesi chimica.
Gli investimenti di produzione biotecnologica sembrano andare dove vi è vantaggio fiscale, come in Irlanda, o dove vi sono forti competenze professionali nel settore produttivo biotecnologico e cioè negli USA. Purtroppo la scarsità di impianti produttivi per prodotti biologici nel nostro Paese rischia di non poter utilizzare le risorse che provengono dai corsi di laurea in materie biotecnologiche, ragione per cui, ad esempio, sovente si incontrano laureati in ingegneria biotecnologica nel commerciale o nello sviluppo clinico.
Proviamo ad entrare in uno stabilimento di produzione di principi attivi, che vengono comunemente chiamati API (Active Pharmaceutical Ingredients). E’ bene considerare come le materie prime farmaceutiche si inseriscono all’interno di una filiera che vede a monte il settore della chimica di base, mentre il mercato di sbocco sono le materie prime farmaceutiche per la specialità farmaceutica per uso umano o veterinario. Il comparto della chimica fine farmaceutica comprende gli intermedi lontani (i cosiddetti “Building Blocks, a volte vere e proprie “commodities” chimiche), gli intermedi avanzati (ottenuti usando gli intermedi lontani ed altri composti minori) ed i principi attivi, che rappresentano l’ultima fase produttiva per la specialità farmaceutica.
Premettiamo che in queste pagine accenniamo in modo semplicistico quella che è nei diversi siti produttivi una realtà organizzativa molto complessa. Ora, vi sono normalmente macroaree organizzative : quella del Manufacturing (che si suddivide a sua volta nei dipartimenti di produzione, ad esempio: Bulk Sterile e Bulk Orale) e quella Ingegneristica e Manutentiva (progetti ed investimenti impiantistici e manutenzione straordinaria ed ordinaria), quella della Qualità (Quality Assurance e Quality Control), quella del Supply (pianificazione, inventari, acquisti, magazzini, distribuzione), quella dell’ambiente e della sicurezza (nelle organizzazioni internazionali EHS – Environment, Health & Safety) nonché le funzioni direzionali che supportano le attività manifatturiere come l’amministrazione, controllo e finanza e le risorse umane.
Il manifatturiero, ad esempio, per il Reparto di Bulk Sterile, ha al suo interno una naturale scala di competenze di ruoli. Alla base vi sono gli operatori, normalmente operai che sono supervisionati da Capiturno che riportano ai Responsabili di area di prodotto (ad esempio, cefalosporine). Oppure nell’Ingegneria e Manutenzione vi saranno i ruoli di manutenzione strumentale ed elettronica piuttosto che quella meccanica. Altri ruoli sono più indirizzati alla valutazione degli investimenti in conto capitale piuttosto che agli studi di fattibilità oppure di “compliance” e di rispetto delle GMP (Good Manufacturing Practices).
In questo tipo di organizzazione, ove si voglia percorrere un interessante sviluppo di carriera, si entra avendo al minimo il diploma di perito chimico o tecnico ma preferibilmente una laurea ingegneristica o scientifica. Si sale gradualmente in responsabilità più ampie a secondo che si sia adibito all’area produttiva o a quella ingegneristica o di qualità o altro, fino ai livelli dirigenziali e di coordinamento globale.
Si può osservare come i ruoli di vertice nel settore API necessitino di profonda conoscenza di prodotto e tecnico-produttiva. E’ normalmente la base imprescindibile per poter condurre un business negli intermedi o nei principi attivi. La gestione degli investimenti, delle organizzazioni, delle risorse è fondamentale. Ma in un contesto internazionale basato su parametri di competitività e costi e sull’avanzamento continuo nella ricerca e sviluppo. Peraltro l’uscita dal brevetto di importanti prodotti ha un corrispondente riflesso sulle produzioni di principi attivi e sulla genericizzazione anche in questa area, con crisi di taluni impianti che non reggono la guerra dei costi ed in taluni casi, come sta avvenendo per talune multinazionali, con traumatici disinvestimenti anche a fronte di competitori specie dell’area asiatica. Il management API deve possedere una reale visione del business e abitudine a muoversi nei mercati internazionali per indirizzarsi su quei prodotti o su quelle nicchie che possono offrire interessanti risultati. Quindi, per chi desidera dedicarsi a questo settore, l’assetto produttivo italiano appare importante e consistente, mentre il contesto internazionale si dimostra sfidante e difficile.
Se immaginiamo invece di entrare in uno stabilimento farmaceutico per la produzione di specialità medicinali per uso umano o animale, la struttura organizzativa riflette le attività di produzione, riempimento e di confezionamento del prodotto o farmaceutico o biotecnologico. Anche in questo caso, semplificando a massimo la spiegazione, la macrostruttura di stabilimento prevede le aree funzionali di Produzione farmaceutica (a sua volta suddivisa per tipologia di prodotto (orali, solidi, sterili, etc.), Qualità (Quality Assurance, Quality Control, Compliance, Validation), Tecnologia (sviluppo nuovi prodotti e Technical Transfer), Ingegneria e Manutenzione (Impiantistica, tecnologia, automazione, elettronica ed interventi manutentivi), Ambiente e sicurezza, Supply Chain. Questa organizzazione è naturalmente attraversata dalle funzioni direzionali di supporto, quali la pianificazione controllo, le risorse umane, l’infrastruttura informatica.
Per chi vuole inserirsi in stabilimento per aspirare ad una carriera tecnico-professionale e manageriale, vi è da osservare che questo mondo produttivo è davvero complesso e basato su competenze tecniche e manageriali non indifferenti. I processi, gli standards, le GMP (Good Manufacturing Practices), l’estrema attenzione alla qualità, gli standars elevati per un settore fin troppo normato, configurano competenze e profili professionali di alto contenuto sia metodologico che di competenza.
E’ evidente che non basta acquisire le competenze tecniche, sulla base di una laurea ingegneristica o scientifica. Occorre imparare a pianificare, lavorare per budget, coordinare le risorse umane, verificare gli investimenti, avere la costante pressione al raggiungimento degli obiettivi, con la continua attenzione sui costi da una parte e sulla qualità dall’altra.
Tutt’altro discorso merita l’area della Supply Chain. Che può essere intesa o globalmente (e quindi al suo interno ricadrebbe il manifatturiero) poiché deve rispondere alla disponibilità del prodotto sullo scaffale della farmacia coordinandone tutti i processi, dalla produzione, alla logistica, alla distribuzione. Oppure, come comunemente intesa, quale funzione che provvede a pianificare e fornire tutto ciò che necessario per produrre nonché a prendere in carico il prodotto finito con la responsabilità di garantirne la distribuzione. Si tratta di un’area professionale e manageriale di sempre maggiore rilevanza strategica sia per l’efficienza del sistema sia per la relazione con i clienti, con una complessità molto elevata di tecnicalità nei vari passaggi della catena sia per contenuto professionale e manageriale. In questo caso non occorrono studi scientifici o ingegneristici, ma anche il diplomato o laureato in economia può inserirsi ed avere una carriera di successo. [/member]