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Carriere. Capitolo III – Le dimensioni del manifatturiero farmaceutico in Italia

Photo by Aditya Chinchure

Le imprese del settore farmaceutico operanti in Italia sono complessivamnte 290 (materie prime e specialtà medicinali). Le imprese produttrici di specialità medicinali sono 220 (Indicatori Farmaceutici Farmindustria, luglio 2018).
In generale, i termini “sito produttivo” oppure “produzione” oppure “manifatturiero” non sembrano più corrispondere alla configurazione organizzativa riferita ai processi che conducono alla disponibilità del prodotto per il cliente nel mercato. Cioè alla realizzazione del bene che la domanda o la prescrizione medica vuole nello scaffale della farmacia.
[member] Dunque i processi che concretizzano la messa a disposizione del prodotto in quanto tale, provenendo da una precedente attività di R&S e dalla domanda definita dall’area commerciale, riguardano una struttura integrata di “Supply Chain” che coinvolge le responsabilità manifatturiere, logistiche, distributive, di acquisto. Questo ampio e complesso settore professionale costituisce il nostro interesse poiché conoscenze, competenze, valori professionali, carriere si muovono nell’ambito dei siti produttivi e nella catena distributiva. L’evoluzione del concetto produttivo a quello di fornitura di produzione e servizi connessi ha fatto maturare un diverso approccio sia organizzativo che professionale. Basta pensare alle strategie di approvvigionamento sia di materie prime che di prodotti finiti, alle attività di outsourcing per fasi del processo produttivo o distributivo, alle problematiche di qualità, a quelle regolatorie, ai parametri di costo e finanziari. Le aziende appaiono tese a costruire una cultura avanzata per ottenere i risultati attesi, abbattendo i silos tra manifatturiero, logistico, distributivo, outsourcing.
Stiamo assistendo anche al consolidamento di fenomeno. quello del passaggio da sito produttivo aziendale ad autonoma impresa manifatturiera. Le cause che hanno originato tale situazione sono molteplici. Anzitutto di mercato. La maggior parte degli stabilimenti è stata costruita sulle attese di mercato degli anni sessanta e settanta. Oggi sono mutate le dinamiche e vi è un eccesso di capacità produttiva per cui si afferma che, specie da parte delle multinazionali, una grande parte della attuale capacità produttiva risulta in eccesso. E questo dipende anche da prodotti e dalle tecnologie produttive, su cui si erano specializzati determinati stabilimenti, che con i prodotti che escono dalla protezione brevettuale devono fronteggiare una domanda minore e quindi un eccesso di capacità produttiva. Poi ragioni di impostazioni di business per cui il prodotto e la distribuzione non sono così intimamente connessi alla strategia aziendale. Possono trasformarsi in aziende fornitrici (CMO: Contract Manufacturing Organizations) con requisiti di tecnologia, impiantistica, processi, costi ed efficienza. Ciò anche per ragioni derivanti dai macroprocessi di fusioni ed acquisizioni per cui è risultata duplicazione di siti produttivi. Per non parlare dell’evoluzione tecnologica, specie nel campo della biofarmaceutica e della biotecnologia. Insomma sono cause che stanno mutando lo scenario produttivo. Ma che ne stanno creando un altro davvero interessante.
In effetti il manifatturiero della farmaceutica sta attraversando un cambiamento fisiologico, anche con impatti occupazionali traumatici. Gli assetti e le necessità produttive sono mutati. La grande o media azienda integrata verticalmente con tutte le strutture manifatturiere sta cambiando pelle. Da una parte riscontriamo le nuove tecnologie ed i nuovi siti produttivi per prodotti biofarmaceutici, dall’altra sono emerse imprese specifiche di fornitura dall’esterno del prodotto, di cosiddetto Contract Manufacturing.
Anche a seguito di fenomeni quali fusioni e acquisizioni, sono state poi create aziende spin-off di produzione, con stabilimenti appartenuti precedentemente a società farmaceutiche, che oggi non lavorano solo per le aziende da cui si sono staccate ma liberamente sul mercato con offerta di prodotto, ai vari livelli di specializzazione e di servizi.
Si sostiene che l’industria farmaceutica italiana deve affrontare in termini occupazionali due grandi temi: accanto a quello della crisi dell’informazione scientifica, quello appunto della scomparsa o della ristrutturazione dei siti produttivi. Il che riguarda globalmente gli stabilimenti di società multinazionali presenti in Italia e non gli stabilimenti di aziende italiane. Alcuni esempi emblematici: aziende multinazionali, quali Pfizer, che annunciano l’eccedenza e quindi la cessione o la chiusura di siti importanti. Aziende che hanno trasformato o ceduto i propri stabilimenti non più strategici.
Si è specialmente costituito con gradualità un settore omogeneo di contract manufacturing basato principalmente sulla cessione di siti produttivi ritenuti non strategici da parte di aziende internazionali. Parliamo, ad esempio, della multinazionale canadese Patheon (oggi Thermo Fisher, ha rilevato in passato lo stabilimento Roche di Monza), Doppel, la islandese Actavis (con lo stabilimento Pifzer di Nerviano, poi a sua volta acquisito da Teva nel 2016), la tedesca Temmler (oggi Aenova, che rilevò quello di Astellas), Famar (appartenente ad un gruppo greco), Cosmo (da Parke Davis) ed in parte Mipharm, ACS Dobfar, Boehringer Ingelheim di Regello, Abiogen, Alfasigma, Intendis (da Schering, poi Bayer). Abbiamo inoltre altre aziende che operano in nicchie specialistiche come quella di “drug delivery systems” ed in particolare Eurand (poi acquisita da Axcan) e Valpharma.
Gli esempi dimostrano il profondo cambiamento strutturale in corso originato dalla trasformazione del business sia nelle materie prime che nel prodotto finito. Molta parte in questo processo la giocano i costi che nella farmaceutica sono un criterio importante per la decisione di dislocazione di attività produttive in nazioni emergenti quali quelle asiatiche.
Tuttavia in questo panorama in chiaro-scuro si sta assistendo ad un vivace approccio imprenditoriale, basato sulla cultura e sulle qualità professionali nonché sulle scelte strategiche verso produzioni qualitativamente elevate. Dobbiamo tenere anche conto che la propensione alle esportazioni, ovvero la quota esportata della produzione è del 53% nell’anno 2007 per il totale della farmaceutica. Questo dato è significativo per la consolidata tradizione e competitività del nostro sistema.
Ci sembra che stiamo attraversando una fisiologica trasformazione del sistema manifatturiero che deve scontare l’abbandono di assetti produttivi legati sia alla tipologia di domanda sia alla geografia che alla tecnologia. Assetti legati a decisioni logiche nel passato ma superate nel presente. Questa trasformazione sembra tuttavia pronta ed interessata a cogliere le opportunità che si presentano oggi ed in prospettiva, forti di livelli di competenza, di cultura produttiva, di organizzazioni, di strutture e di management. Quindi le opportunità professionali che il settore manifatturiero offre appaiono di livello e di contenuto, anche se le persone devono abbandonare la mentalità di area protetta e benestante, come lo è stata per diversi decenni poiché la trasformazione comporta sia obsolescenze che opportunità. [/member]