Organizzazione & ruoli

Chief Philosophy Officer: i manager filosofi che gestiscono i cambiamenti

chief philosophy officer

Photo by Jamie Templeton

Alcuni dei nomi più noti della Silicon Valley, Google in primis, da qualche tempo hanno iniziato a dotarsi di un Chief Philosophy Officer (CPO), un “Manager Filosofo”. Ma a cosa serve realmente un filosofo all’interno di una multinazionale?
Chi sta al vertice di queste realtà fa tenta di circondarsi di persone che siano in grado si “comprendere il presente e formare il futuro”, utilizzando la filosofia come strumento per l’innovazione.
Il filosofo in azienda, in sostanza, cerca di cambiare la prospettiva da cui guardare alle cose, e talvolta riesce laddove manager e amministratori delegati falliscono.

In effetti sono molte le aziende si rivolgono agli umanisti per affrontare la complessità dello scenario competitivo. Una cultura ed un approccio puramente ingegneristico, tecnologico o economico non sembrano più sufficienti per garantire la sopravvivenza dell’impresa.
In particolare, i cambiamenti e le dinamiche in atto nei mercati necessitano una capacità di comprendere e gestire le complessità e certamente le risorse umane rivestono un ruolo fondamentale nelle aziende, così come le loro conoscenze ed esperienze.
I modelli di riferimento manageriali si evolvono sempre più verso nuove forme di conoscenza che mirano a coltivare conoscenza all’interno, per trasformarla in valore di mercato. Ecco perché le aziende hanno iniziato ad affidarsi ai filosofi. Anche in Silicon Valley, la filosofia come approccio a verso l’innovazione, diviene uno strumento per lavorare in scenari di difficoltà o più in generale di trasformazione.

 

Che cosa fa il chief philosophy officer e perchè un’azienda dovrebbe averne bisogno?

Perché il filosofo si interroga. E spinge ad interrogarsi. Pone domande (non banali, spesso scomode) ai team e al management, per comprendere difficoltà o aree di miglioramento nelle scelte strategiche d’impresa. Accogliere un filosofo all’interno della propria organizzazione significa interrogarsi sul proprio ruolo nel mercato. Chiedersi il “perchè”, prima di arrivare al “come”.

Diversamente dalle note forme di consulenza tecnica, basate su esperienza ed expertise, che vedono il consulente impegnato nella risoluzione di problematiche complesse grazie alle conoscenze approfondite, l’approccio di natura filosofica è in grado di apportare benefici all’intera organizzazione in modi diversi. Non risolvendo direttamente problemi, quindi, ma aiutando la stessa, il suo tessuto sociale – le risorse umane – a scovare in autonomia le possibili soluzioni agli stessi.
Questa forma di consulenza è da molti considerata la più idonea ad affrontare alcune condizioni critiche come il cambiamento o la trasformazione organizzativa, ma anche il rafforzamento del senso di appartenenza all’organizzazione e/o una maggiore cultura interna sulla responsabilità sociale d’impresa.