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In questo articolo abbiamo voluto discutere del tema dei ruoli femminili apicali nel mondo Medical Device insieme alla Dottoressa Gellona, Direttore Generale di Confindustria Dispositivi Medici, che ringraziamo davvero molto per il suo contributo ed interpretazione rispetto all’argoment
Esiste a suo giudizio un’interpretazione “femminile” del ruolo di AD/CEO/DG?
Sì
Se si, in cosa si differenzia la visione di una donna da quella di un uomo?
Un chiarimento iniziale: ci sono donne che interpretano questo ruolo come se fossero un uomo e questo modo di fare, a mio parere, dà dei pessimi risultati. Rispondo alla domanda pensando, invece, alle donne che interpretano il ruolo senza snaturarsi; generalmente la visione femminile è più inclusiva, più sensibile alle difficoltà dei singoli, più orientata al bene complessivo del gruppo e alla sua “difesa” dagli attacchi esterni
Quali competenze è indispensabile avere per arrivare a ricoprire questi ruoli apicali nel medical device? Un background tecnico può aiutare? Ed aver effettuato esperienze all’estero o quantomeno di gestione con l’estero?
Uno degli aspetti maggiormente affascinanti del settore medical device è che trovano spazio, anche di crescita, tanti profili professionali diversi: ingegneri biomedici, biologi, farmacisti, medici, finance, legali, commerciali, esperti di comunicazione. Certamente le esperienze all’estero sono preziose e qualificanti.
Conta di più saper interpretare il sistema valoriale e culturale dell’azienda cui si appartiene o le performance numeriche?
Nel settore del medical device il beneficio del paziente e la ricerca continua di soluzioni per la salute sono valori fondanti e la vocazione all’innovazione continua è figlia di questa impostazione. Certamente le nostre sono aziende a tutti gli effetti, dunque hanno anche l’obiettivo di generare profitti. Considerando entrambi questi fattori, un manager ha maggior successo quando riesce a sviluppare delle politiche aziendali che siano un mix equilibrato tra i due. E in questa logica la sensibilità e il pragmatismo tipici delle donne sono caratteristiche che offrono indubbi vantaggi
Perché sono ancora poche le aziende del settore che hanno al top donne?
Questo tema scopre un problema che riguarda in generale tutti i settori, non solo l’industria, ed è un tema globale, esistente anche nel mondo occidentale, che a buon diritto si ritiene essere il più avanzato sotto il profilo della parità di genere. L’Italia poi sappiamo che è, purtroppo, arretrata rispetto ai paesi con cui ci confrontiamo direttamente. Se guardiamo al settore dei medical device, in verità, i nostri dati ci dicono che siamo molto più avanti di altri settori; infatti, la percentuale di occupazione femminile è quasi al 50% del totale. Questo fa certamente ben sperare, perché è chiaro che non si possono raggiungere posti di vertice se non si riesce nemmeno ad accedere al mondo del lavoro. Certamente c’è ancora tantissimo da fare.
E’ possibile ipotizzare interventi legislativi per ridurre le difficoltà per le donne di salire ai vertici aziendali?
Un intervento legislativo per aiutare le donne a progredire nel percorso di carriera equivale ad ammettere la sconfitta di una società che voglia definirsi “civile”; spero quindi che non ci sia bisogno di arrivare a questo punto, anche perché sarebbe un modo per forzare delle decisioni che, in quanto coatte, non porterebbero a un reale progresso, che invece è ciò che davvero serve non solo alle donne, ma all’intera società. Se parliamo di leggi, allora punterei di più a rafforzare quelle sul lavoro, per eliminare le differenze retributive; penserei a una profonda riorganizzazione del sistema degli asili e delle scuole materne, incentivando anche, ad esempio, le aziende più grandi e le piccole a consorziarsi, per organizzare asili nido interni.
Quale può essere un giusto compromesso tra la voglia di arrivare ai vertici aziendali e la qualità di vita per una donna?
Innanzi tutto, bisognerebbe non dover faticare il doppio degli uomini per fare carriera, impegno che porta spesso a rinunciare ad avere una famiglia, perché incompatibile con lo sforzo mentale e fisico richiesto dal lavoro.
Esistono nel suo settore differenze retributive tra donne e uomini? Se si che tipo di iniziative si possono attivare per appiattirle?
Il nostro settore è sicuramente tra i più avanzati anche sotto il profilo della parità di genere; ciononostante, è certo che esistano ancora questi squilibri. È però vero che ormai i ragionamenti intorno alla valorizzazione della cosiddetta “diversity” sono una prassi in moltissime realtà. Non siamo ancora al risultato sperato, ma è un buon inizio
Infine una domanda legata anche al suo ruolo di DG in CFDM: che complessità aggiuntive comporta per una donna lavorare ai vertici di un’associazione di categoria?
Agli inizi della mia carriera, in quasi tutte le riunioni ero l’unica donna e di solito chi non mi conosceva pensava che fossi lì per servire il caffè o per fare le fotocopie; mansioni più che dignitose, la cosa inaccettabile era che fossero date per scontato in quanto ero una donna. Oggi le donne sono molto più numerose e una nel mio ruolo non fa più scalpore. Dipende però dagli interlocutori; ci si imbatte ancora in uomini che ti guardano con sufficienza o con paternalismo. Personalmente devo dire che, quando mi capita, mi diverto molto a fargli capire che ha proprio sbagliato atteggiamento…