Storie di Uomini & Aziende

Genenta Science & il Biotech italiano

Quali possono esserei nomi di ricercatori italiani nel biotech che fanno rumore a livello internazionale? Per meriti certamente e non per pubbliche relazioni. Se parliamo di terapia genica, oggi è sugli scudi Luigi Naldini di Genenta Science. Come Claudio Bordignon di Molmed. Certo, nel campo della biologia tumorale, spicca il siciliano Napoleone Ferrara, che con le sue scoperte è determinante per le fortune di Genentech, oggi Roche. Effettua la scoperta che apre a nuovi farmaci per la cura del cancro. Si tratta cioè della identificazione e clonazione di un particolare gene denominato fattore di cerscita vascolare endoletiale (vegf), ovvero una proteina critica nell’angiogenesi.

Genentech è stata fortunata con i ricercatori Italiani trasferitisi in California.  Prima di Napoleone Ferrara, è il genetista molecolare calabrese Roberto Crea, che sfiora il premio Nobel con la creazione dell’insulina sintetica. La ricerca di Crea era finanziata da Genentech. E il gene dell’insulina diventa una miniera d’oro per l’allora piccola azienda. Grazie a questo gene e a piccoli batteri ingegnerizzati, l’azienda, di cui Crea diventa azionista e Direttore Ricerche, comincia a produrre il farmaco per curare il diabete e finisce quotata in Borsa.

Tornando alla terapia genica, prima di Bordignon o Naldini, occorrerebbe rivalutare un non-scienziato: il discusso Don Verzé. E’ lui a credere nel biotech e nelle terapie geniche.  Nella chiesa di San Raffaele, l’altare è ancora sovrastato da una pendente, enorme, elica a forma di DNA. E’ Don Verzé che chiama al San Raffaele Claudio Bordignon, primo scienziato al mondo a testare le staminali nel sangue nel ’92. E anche Luigi Naldini entra nel contesto del San Raffaele.

Sono storie che partono da lontano, dagli anni Novanta. Quegli inizi sulle vicende scientifiche ed umane che portano ai primi esperimenti di terapia genica sono racconatti con bella ricostruzione da Larry Thompson in “Correggere il codice” (Garzanti, 1996). In particolare la nascita di MolMed dal San Raffaele, è legata alla storia della terapia genica attraverso Claudio Bordignon, esperto in ematologia sperimentale e clinica, e Fulvio Mavilio, esperto in genetica e biologia molecolare. Due qualificazioni straordinariamente complementari verso l’applicazione clinica delle tecniche di trasferimento genico.

“Bordignon aveva ben chiaro di cosa stessimo parlando. Nei tre anni precedenti con Richard Reilly aveva assistito da vacino ai primi concreti tentativi di u tilizzare i vettori retrovirali per correggere la carenza ereditaria di adenosin deaminasi (ADA) partecipando al modello di sviluppo preclinico sulle scimmie.”

“Il primo gruppo della futura MolMed si installò all’inizio del 1989. Il 2 Febbraio 1989 firmammo le due lettere di assunzione per il San Raffaele e ci mettemmo subito a lavoro. (…)

Fra l’89 e il ’92 erano successe molte cose al San Raffele. L’edificio che doveva ospitare l’istituto di ricerca era stato costruito e sarebbe stato inaugurato alla fine di quell’anno. Era nato il DIBIT – Dipartimento di Biotecnologia e Tecnologia del San Raffaele. Ne facevano già parte alcuni dei migliori gruppi di ricerca diretti da ricercatori del momento reclutati sull’onda dell’entusiasmo suscitato dalla prospettiva del primo istituto di ricerca italiano interamente privato. La notorietà che la vicenda nella terapia genica aveva già garantito al nascente istituto ebbe un ruolo non secondario per il suo successo.

Il trasloco nel nuovo edificio ci permise di acquisire finalmente dei laboratori veri e di incrementare significativamente il numero dei componenti di quelli che erano ormai diventati due distinti gruppi di ricerca incorporati, insieme al laboratorio di Ematologia clinica e alla neonata unità di trapianto di midollo nel programma di terapia genica del San Raffaele”. Questo il racconto di Fulvio Mavilio.

Ora, il San Raffaele ha permesso anche un altro successo derivante da uno spin-off, che si basa sui lavori di Naldini: si tratta di Genenta Science. Amgen, il colosso statuinitense biotech, ha stretto una partnership con Genenta ed il San Raffaele per sviluppare insieme terapie geniche basate sulle staminali ematopoietiche, che danno origina a tutte le cellule del sangue.

Genenta Sciences è biotech fondata appunto da Naldini, da Bernhard Gentner medico ed ematologo e dall’imprenditore Pierluigi Paracchi. Va detto che Naldini, come Bordignon, è una eccellenza italiana di ritorno. E’ uno dei massimi esperti di genetica ed ha sviluppato i primi vettori lenti virali, cioè a trovare il modo di trasformare l’involucro del virus HIV, responsabile dell’AIDS, in un veicolo per la terapia da infondere al cliente. Era il 1996 negli Stati Uniti. Ma agli inizi del Duemila Naldini fa una scelta controcorrente. Ritorna in Italia e continua le sue ricerche al Tiget del San Raffaele per curare i tumori in modo innovativo.

Dunque, l’accordo tra Amgen e Genenta e San Raffaele è un grande riconoscimento. Ma andiamo anche a curiosare da chi è costituto il Board di Genenta Science. Diremmo dai soliti noti in questo campo per una start-up di valore. CEO è Luigi Paracchi (imparentato con Giovanni Testori, il Balzac meneghino) venture capitalist e CEO di Principia srl (ex Quantica sgr), con connessioni con Soffinova ad Axon Capital e a suo tempo inserito nel Board di EOS, ceduta a Clovis. Poi troviamo Roger Abravanel: un ex di McKinsey non fa mai male, anche perché è Board Director di Teva. Troviamo anche Gabriella Camboni, già co-founder di Eos Spinelli (ceduta nel novembre del 2013 a Clovis Oncology Nasdaq) la quale era già stata sempre con Spinelli in NovusPharma, che si era fusa ad inizio 2003 con CTI Biopharma (Nasdaq).

Accanto ad Anna Flavia d’Amelio Einaudi del San Raffaele, tra i Directors troviamo Paolo Fundarò, CFO di Genextra e Board Director di Intercept Pharmaceuticals (Nasdaq).

MolMed invece ha struttura di Board da società quotata. Con direttori indipendenti come, tra gli altri, Laura Iris Ferro (ex Gentium), Carlo Incerti (Genzyme), Elisabeth Robinson (Nicox e Quadrivio Capital).

Ma accanto a nomi eccellenti di scienziati manager che hanno consolidato il biotech in Italia, negli ultimi venti/trent’anni si sta formando una nuova generazione di ricercatori e manager nel biotech? Vi sono scienziati o manager di ritorno come Bordignon o Naldini? Certamente il settore Orphan Drugs offre un interessante panorama in cui compaiono ricercatori italiani, europei o statunitensi, anche perché la ricerca sembra non avere specifica nazionalità. E’ vero anche che società come Gentium ceduta a Jazz Pharmaceuticals, Okairos a GSK, EOS a Clovis rappresentano successi del recente passato, mentre successi nati in Italia, quali Intercept Pharmaceuticals (quotata sul Nasdaq) con un prodotto globale quale Ocaliva – approvato da FDA – o realtà quali Holostem, MolMed o Genenta Science si proiettano sul futuro della ricerca italiana