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Ghosting: Recruiter e Candidati “fantasma”

photo by Ahmad Odeh

 

Con il termine inglese “ghosting” (sparire, fantasmizzarsi), si descrive l’attitudine, diffusa in origine negli ambienti del dating online, di “scomparire”, rendersi irreperibili, senza un motivo apparente, di fronte al proprio “partner occasionale”.

In che cosa consiste invece esattamente il ghosting nel mondo della ricerca e selezione?

Ogni volta che un candidato si propone per una posizione lavorativa attraverso il metodo tradizionale dell’invio del curriculum, se quest’ultimo corrisponde in tutti o in gran parte dei punti correlati al profilo richiesto da una determinata azienda, può essere invitato per una intervista telefonica, una skype o per un incontro F2F da Recruiter o HR di riferimento.

All’improvviso, una telefonata o un incontro e quindi possiamo dire un presunto interesse, alcuni selezionatori, però, spariscono, senza dare alcuna motivazione scritta o per telefono. Il silenzio-non assenso è sicuramente logorante per colui/colei che ha creduto in quel processo di selezione ed ha anche partecipato per un certo periodo ad una lunga serie di selezioni per poi arrivare al fatidico “Le faremo sapere…”.

In questi casi, come bisogna rapportarsi? Bisogna tentare, spesso invano, di contattare il selezionatore e l’ufficio delle risorse umane o semplicemente, conoscendo la trafila, andare oltre? Quali possono essere le motivazioni che spingono un selezionatore a cambiare reazione o comportamento nei confronti di una persona che inizialmente percepiva nei suoi confronti un interesse a proseguire il rapporto intercorso fino alla stipula di un potenziale contratto?

I fattori che determinano una non-conferma possono essere ovviamente molteplici: ci sono altri candidati selezionati, con un profilo più in linea con la posizione richiesta; è stata avanzata una richiesta economica superiore rispetto al budget aziendale; la posizione ricercata è stata sospesa, scegliendo invece di utilizzare il personale interno per coprire quel ruolo; i selezionatori, oberati di lavoro, non hanno perso tempo per ricontattare con un messaggio standard i candidati non considerati idonei.

Qualunque sia la ragione ultima dell’azienda, il silenzio-non assenso del ghosting del Recruiter o dell’azienda può tradursi nella maggior parte dei casi in un buon motivo, da parte dei candidati, per continuare a guardarsi intorno.

Oggi, però, anche i recruiter scoprono sempre più l’altra faccia del “ghosting” , quello da parte dei candidati.
Nel processo di recruiting funziona così: si pubblica l’annuncio, si contatta il candidato che sembra più interessante, si discute con lui della posizione e dell’offerta. E poi lo convochi, ti piace, chiarisci qualche aspetto, spazzi via quelle due/tre perplessità che possono sorgere (nel frattempo sono passati giorni); e quando si avvicina la conclusione di un accordo e ci si appresta a passare alle formalità…il candidato non c’è più. Scomparso, improvvisamente. Nel senso che scrivi e non risponde, ignorando mail o chiamate.

Se a dissolversi nel nulla dopo il colloquio, o a lasciare a metà il processo di selezione, un tempo erano quasi esclusivamente i candidati destinati a posizioni per definizione “poco attrattive” sul mercato e più precarie (la logica era: ascolto cosa hanno da dirmi e da offrirmi, ma intanto vado avanti con la mia ricerca), oggi la tendenza si è estesa su tutto l’arco professionale e a livelli anche superiori in termini di responsabilità e ruoli organizzativi.

Per limitare il fenomeno, è consigliabile ovviamente che il recruiter crei da subito con il candidato una “relazione” chiara, onesta e trasparente, basata anche sulla chiarezza riguardo il ruolo e la possibile offerta. Ma questo, da solo, potrebbe non bastare. Occorre oggi sollecitare, molto più che in passato, le corde della motivazione nel profilo scelto.

La creazione di percorsi personalizzati su ciascun candidato selezionato, con attenzione ai feedback e all’approccio motivazionale, potrebbe in qualche caso fare la differenza.